Le suore della Carità e la “carità pastorale”

venerdì 9 settembre 2022
Le suore della Carità e la “carità pastorale”

Una delle parole chiave che si trovano spesso nella Carta d'identità della famiglia salesiana è "carità pastorale". Questa passione apostolica, cioé “l’energia spirituale che lo spinse [Don Bosco] a cercare le anime e servire solo Dio" (Art. 12), è stata trasmessa anche alle Suore Caritas attraverso i primi missionari salesiani in Giappone. Soprattutto il nostro fondatore, padre Antonio Cavoli, era dotato dell'amore del Buon Pastore, che lascia le 99 pecore per cercare quella smarrita e rischia la propria vita per essa.

Come sacerdote della diocesi di Rimini, il giovane don Cavoli viveva una vita pastorale intensa e serena, circondato da fedeli devoti, ma non era felice. Non poteva fare a meno di pensare alle anime di coloro che non venivano in chiesa. Questa " inquietudine " lo ha portato a recarsi in prima linea come cappellano militare, essendo convinto che ”il prete non è prete per sé stesso, ma per gli altri; la sua vita non gli appartiene, se non per spenderla per chi ha bisogno di lui.”(Dalla sua autobiografia: Dall’Italia al Giappone)

Mentre conduceva la vita pastorale più fruttuosa, rischiando la vita per la salvezza delle anime dei soldati, era terribilmente angosciato nel vedere tante anime che perdevano la vita senza riconciliarsi con Dio. Decise di diventare missionario per raggiungere coloro che non conoscevano l'amore di Dio, nonostante le opposizioni del vescovo, del parroco e dei parrocchiani che aspettavano tanto il suo ritorno. 

E così diventò figlio di Don Bosco che fu un vero buon pastore della Carità. È stato proprio lo spirito del "da mihi animas, coetera tolle" di Don Bosco, che ci è stato trasmesso dal nostro Fondatore, a caratterizzare le prime suore riunite con lui, con il loro devoto ed eroico servizio d'amore ai poveri e il loro eccezionale sacrificio. Il fondatore ricorda le sei suore che morirono dopo la guerra a causa dell'estrema povertà e del superlavoro.

 “Non ho mai visto e neppure, prima, avrei immaginato di vedere delle morti così placide, rassegnate, desiderose di volare agli eterni gaudi, a ricevere il ben meritato premio di una vita eroica di lavoro, di sacrificio, di umiltà, sostenuta dall’ideale della carità.”(Dalla sua autobiografia: Dall‘Italia al Giappone)Siamo convinti che questo amore eroico e sacrificale sia il fondamento della nostra Congregazione. 

Nella società di oggi, con tutte le comodità e gli agi della vita, c'è sempre il pericolo di cadere in compromessi, sia nell'apostolato che nella vita comunitaria. Credo che la nostra spiritualità non consista nel cercare difficoltà particolari da noi stessi, ma nell'essere disposti a offrire le varie croci che provengono dalla nostra vita quotidiana. Come dice la Carta, per crescere nella carità pastorale, è continueremo a impegnarci nella “disponibilità ad esserci e a rimanerci volentieri, la rinuncia di sé e il sacrificio, la castità degli affetti e l’autocontrollo negli atteggiamenti, l’ascolto partecipe e l’attesa paziente per individuare i momenti e i modi più opportuni, la capacità di perdonare e di riprendere i contatti, la mansuetudine di chi, talora, sa anche perdere ma continua a credere con speranza illimitata”. (Art. 32. Amorevolezza salesiana)

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